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Dora in avanti



Questo testo è un gioco. Un gioco serio, però. Come la vita vera. Dentro ci sono parole che si muovono in cerchi concentrici, con l'intento di creare un gorgo emotivo. Al centro di questo gorgo troviamo lei, Dora Kieslowsky, che è la protagonista di questa storia, ma ne è anche l'antagonista, come pure, ad un certo punto, ne diventa persino drammaturga e regista.
Dora sta ferma, perché e la cosa che più le riesce meglio. Dora sta ferma eppure va avanti e indietro con la sua altalena, va avanti e indietro nel suo racconto. Forse non sa neppure cosa dire, ma lo dice bene. Usa una canzone come macchina del tempo, e con quella si aiuta a tornare nel passato, nel suo passato, proprio nel punto preciso in cui il suo mondo è precipitato. La sua inerzia sacrale nasce li, da una spinta mancata, che in qualche modo l'ha sconfitta e l'ha arresa, costringendo la sua esistenza in una specie di eterno fermo immagine. Ed è ancora li, la nostra piccola Dora. Ferma. Lo sguardo di bambina perso in tutto quel futuro che non sarebbe poi stata capace di viversi. Dora ha fallito come figlia, come moglie, come madre. Dora non è altro che uno specchio: è la cartina di tornasole delle nostre sconfitte, la somma di tutti i nostri fallimenti. Perché dietro la dolorosa finzione della sua esistenza c'è una cosa che ci riguarda tutti da vicino: la vita vera.

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Illustrazioni Simona Versi



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